Il
vangelo ascoltato mette in evidenza l’evento della nascita di Giovanni il
Battista, di cui celebriamo oggi la festa. Nella prima lettura il brano di
Isaia risuona come profezia di questo evento “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia
madre ha pronunciato il mio nome”. Infine il brano degli Atti, nella
seconda lettura, è quasi una sintesi della missione del Battista, attraverso la
testimonianza di Paolo.
Una
Parola dunque che vuole sottolineare l’importanza di questo evento all’interno
del grande disegno di salvezza che la Bibbia ci rivela: Giovanni è l’ultimo dei
profeti ed è il precursore e annunciatore di Colui che sarà Messia e Salvatore.
Importante
questo fatto anche per noi cristiani di oggi, richiamati, in questa festività,
a soffermarci almeno su alcune sottolineature che la Parola ci suggerisce.
Innanzitutto
siamo invitati allo stupore: è lo stupore che nasce dal riconoscere il disegno
di Dio che si compie in Giovanni e così pure in ciascuno di noi. E’ lo stupore
del riconoscerci, come Giovanni, da sempre pensati e amati, voluti e
desiderati, da un Dio che fa di ogni creatura “una meraviglia stupenda”. Ci aiuta a manifestare questo stupore il
salmo responsoriale (138): “Io ti rendo
grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda”.
Siamo
poi chiamati a riconoscere che, dietro al dono della vita, di ogni vita, c’è
una missione, un compito. Non solo siamo pensati e voluti, bensì anche
‘incaricati’, mandati. Per Giovanni si prospetta una missione altissima:
annunciare che “viene dopo di me uno, al
quale io non sono degno di slacciare i sandali”; è il preparare la strada a
Gesù. E’ essere a servizio della sua Parola e Presenza. Ma questa è anche la
nostra missione oggi; la missione di ogni cristiano, pensato, amato e voluto
per essere un raggio di luce dentro il mondo, un richiamo luminoso di Colui che
è la luce del mondo. Anche per noi sono le parole di Isaia: “E’ troppo poco che tu sia mio servo… io ti
renderò luce delle nazioni”.
Infine
una terza sottolineatura. E’ l’invito a riconoscere la novità che ogni vita e
ogni missione porta in sé. Nel Vangelo ha uno spazio considerevole la questione
del nome: “volevano chiamarlo col nome di
suo padre… ma sua madre intervenne: ‘No, si chiamerà Giovanni’… domandavano con
cenni a suo padre… egli scrisse ‘Giovanni è il suo nome’”. C’è qualcosa di
nuovo in tutto ciò. Non più secondo le usanze e le tradizioni; ma un nome
nuovo, per una missione nuova. Quasi a ricordarci che ognuno di noi non è
freddo ripetitore di quanto è nel passato, ma costruttore di un futuro di
novità. In ciascuno c’è un futuro di novità che ci supera, che va oltre ogni
usanza e tradizione, che porta ogni creatura ad essere nella storia una novità,
un orizzonte che si apre e non un cerchio che si chiude dentro le strette mura
di una famiglia, di una comunità, di una cultura... E’ così importante saper
riconoscere la novità che è in ciascuno che, nell’episodio della nascita del
Battista, davanti a questo riconoscimento avviene per Zaccaria il ritrovato uso
della parola; lui che, proprio per non aver creduto alla novità di Dio, era
rimasto muto. Credere nella novità di Dio e accoglierla nelle persone che
entrano nel cammino della nostra vita non può che aprirci alla lode e alla
benedizione: “si aprirono la sua bocca e
la sua lingua e parlava benedicendo Dio”.
Mi
sembrano tre semplici sottolineature che possono aiutarci a ripensare non solo
alla figura di Giovanni, ma anche al valore della vita di ciascuno di noi e a
saper riconoscere in essa il progetto di Dio che si compie.
Un
ultimo particolare, ma niente affatto secondario. Tutto quanto abbiamo detto
fiorisce in un contesto di debolezza e fragilità. Zaccaria ed Elisabetta erano
nella vecchiaia e segnati dalla sterilità.
Quasi
a ricordarci che proprio lì, dove umanamente tutto sembra impossibile, Dio sa
operare meraviglie. Quasi a ricordarci che è la sua grazia che fa, che opera,
che agisce; grazia più forte di ogni nostra umana fragilità. E Giovanni
significa appunto “il Signore fa grazia”.
Figlio della vecchiaia, figlio della grazia e figlio di una fede perseverante
seppur faticosa: questi è il Battista.
Questi
siamo tutti noi: figli amati del Padre, non per i nostri meriti, ma per sua
grazia; figli chiamati a manifestare nel mondo la sua novità rivelata in Gesù,
attraverso un cammino perseverante di fede.
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