“E’
proprio vero che tutte le cose belle finiscono presto”: quante volte ci è
capitato di pensare e dire così, dopo esperienze significative, che hanno
lasciato un segno nella nostra vita.
Così deve
essere stato anche per Pietro e gli altri due discepoli dopo essere stati con
Gesù sul monte Tabor, dopo questa esperienza intensa e unica della
trasfigurazione di Gesù.
Un momento
breve, eppure forte, che ha lasciato un segno, un ricordo indelebile che rimane
e continua ad accompagnare i passi del loro vivere quotidiano con Lui.
Un’esperienza
affascinante, una intuizione profonda, una luce venuta a dissipare dubbi e
fatiche, incertezze e paure. Non un sogno, ma un’esperienza reale come Pietro
stesso attesta:
non siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma siamo
stati testimoni oculari della sua grandezza.
Cosa hanno
sperimentato di così bello i discepoli di Gesù su quel monte? Quello che tutti
desideriamo: vedere Dio.
Vedere
Dio, vedere il suo volto: questo è il desiderio che abita il cuore dell’uomo,
sia che ne siamo consapevoli o meno. E loro lo hanno visto questo volto. Non
attraverso visioni grandiose, celestiali, o fenomeni terrificanti, bensì
nell’umanità di Gesù: hanno riconosciuto presente Dio nella sua persona, nel
suo volto, nella sua vita che avevano iniziato a condividere pur tra dubbi e
fatiche.
Hanno
intuito che Lui è il nuovo e vero Elia e Mosè, il compimento di ogni scrittura
e promessa, Lui è il Figlio amato. Hanno riconosciuto in Lui Dio stesso; un Dio
nell’umano, un Dio vicino da accogliere, ascoltare, amare e seguire.
Il Dio
cercato e desiderato, finalmente riconosciuto
dietro il velo dell’umano, dentro l’umanità concretissima di Gesù.
Questa
l’esperienza vissuta sul monte.
Una
radicale novità, una manifestazione breve ma efficace per cogliere dentro l'umanità la presenza della divinità e così guardare con occhi nuovi e
affrontare con cuore colmo di speranza il cammino della vita.
E’
l’esperienza che viene proposta oggi anche a noi.
Proprio
per ricordarci che la fede non è evasione per sopravvivere, non è estraniarsi
dall’umano, dalla vita; perché Dio si è immerso nella condizione umana. Non
bisogna dunque uscire da essa per incontrarlo. Dio è, non solo vicino, accanto,
ma soprattutto dentro ogni uomo: riconoscerne la presenza, accoglierla,
ascoltare la Sua voce allora trasfigura anche noi. Dio è in noi: in noi c’è
questa luce, questa Presenza che trasfigura la vita e la orienta verso la
pienezza, la bellezza, il compimento. Lui in noi con il Suo Spirito per
trasfigurarci a immagine del suo Figlio.
Possiamo
così sperimentare che tutto ciò che è umano è abitato dal divino, pure la
fatica, il dolore, la croce che Gesù da poco aveva preannunciato ai suoi
discepoli; e nel contempo comprendere che il divino va oltre l’umano, non tanto
perché lo supera quasi disprezzandolo, quanto perché, assumendolo, lo porta a
compimento, lo porta a pienezza di luce.
Scrive
Ermes Ronchi, con linguaggio poetico e incisivo: Ogni uomo abita la terra
come un'icona di Cristo incompiuta, che viene dipinta progressivamente lungo
l'intera esistenza su un fondo d'oro già presente dall'inizio e che è la
somiglianza con Dio. Ogni Adamo è una luce custodita in un guscio di fango. Vivere
altro non è che la fatica aspra e gioiosa di liberare tutta la luminosità e la
bellezza sepolte in noi.
La festa
di oggi ci doni la gioia di gustare questa presenza di luce che ci abita; di
scoprirla presente anche in ogni uomo e donna che incontriamo. Anche noi come i
discepoli non andiamo dietro a favole artificiosamente
inventate, ma volgiamo l’attenzione alla Sua voce come a lampada che brilla in un luogo
oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei nostri cuori la stella del
mattino.
Nella
fatica del quotidiano non perdiamo allora la speranza, ma guidati dalla
presenza dello Spirito, aperti all’ascolto del Figlio amato, trasfiguriamo di
giorno in giorno la nostra esistenza rendendola sempre più quel capolavoro di
bellezza che da sempre Dio ha pensato e voluto.
Solo così
la nostra vita può ritrovare un respiro che la rasserena e la pacifica.
Nessun commento:
Posta un commento