Sono ancora tre le parabole ascoltate oggi,
così come domenica scorsa. Un unico filo le unisce tra loro: il regno dei
cieli. “Il regno dei cieli è simile…”:
così ognuna di esse ha inizio.
“Il
regno dei cieli”,
espressione identica a “il regno di Dio”, viene usata da Gesù per
presentare le modalità attraverso le quali si sta attuando ora nella storia e
si compirà poi alla fine dei tempi la presenza e l’azione stessa di Dio in
mezzo a noi e in noi.
Partendo dalla terza parabola ascoltata
Gesù ci dice che questo “Regno dei cieli
è simile a una rete gettata nel mare che raccoglie ogni genere di pesci”.
E’ un’immagine molto bella se pensiamo che
il mare stava a simboleggiare il luogo del male, della morte. L’immagine ci
dice subito che l’agire di Dio è un agire che salva, che raccoglie tutta
l’umanità, nessuno escluso nel suo abbraccio di salvezza; ci strappa dai gorghi
del mare/male e ci raccoglie nella rete del suo amore.
Tuttavia a questa immagine fa subito
seguito un’operazione di scernita, di separazione tra “pesci buoni e cattivi”.
Questo sta a ricordarci che, se Dio salva
tutti, dipende però da noi, dalle nostre libere scelte stare nel suo abbraccio o
rifiutarlo.
Dipende da come e verso chi si orienta la
tua vita, quale è il tesoro e la perla per i quali hai speso te stesso e le tue
energie.
Appare chiaro il legame con le prime due
parabole.
Esse ci ricordano che vivere non è
semplicemente lasciarsi vivere, lasciarsi trasportare dall’onda, dalla
corrente, ma piuttosto ricercare ciò che vale, quel Regno che già tutti
abbraccia e avvolge, ma che va scoperto e fatto proprio come un tesoro, una
perla, con il coraggio di lasciare da parte ciò che invece non ha valore.
Vivere è ricercare ciò che veramente vale e
saper orientare lì tutte le nostre energie. Questo “tesoro e perla” Dio li ha nascosti dentro il grande campo del
mondo nella persona di Gesù. Chi trova Lui e lo accoglie tra il tesoro prezioso
che dona senso a tutta la vita.
In questo non facile lavoro di ricerca
(perché siamo distolti da mille voci ingannevoli) ciò che serve è l’aver
‘fiuto’…- diremmo noi -; in termini più precisi serve la capacità di
discernimento, il saper cioè riconoscere e scegliere ciò che è giusto, buono,
bello, vero. Ecco perché Gesù conclude le sue parabole dicendo che chi è divenuto
discepolo (ricercatore) del regno dei cieli “è
simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose
antiche”.
Di questa capacità di discernimento ce ne
parla anche la prima lettura presentandoci la figura di Salomone.
“Hai
domandato per te il discernimento”: afferma il Signore davanti alla scelta
fatta da questo ragazzo.
Un ragazzo chiamato a governare il popolo
d’Israele, proprio lui cresciuto ‘con la camicia’ diremmo oggi, figlio di re
non abituato a impegni e responsabilità.
Davanti al Signore riconosce questa fatica “non so come regolarmi”. Sono parole che
anche noi a volte abbiamo sulle labbra: non so come fare, che scelta compiere,
come comportarmi in questa e quest’altra situazione…
Proprio questa consapevolezza della propria
incapacità apre la strada alla richiesta del dono più importante: un cuore
saggio, un cuore capace di discernimento.
“Concedi
al tuo servo un cuore docile”.
Questo Salomone preferisce, questo reputa
più importante delle ricchezze, del successo, della lunga vita… Un cuore docile
e saggio. Un cuore docile cioè che si lasci guidare non dal proprio io, ma
dallo Spirito, dalla Parola del Signore. “Amo
i tuoi comandi più dell’oro dell’oro fino… la rivelazione delle tue Parole
illumina, dona intelligenza ai semplici”: così il salmo ci ha invitati a
pregare.
Lasciamoci anche noi guidare dallo Spirito
del Signore che opera attraverso la sua Parola e saremo così portati a
discernere tra le tante proposte, parole, idee, cose, cioè che veramente conta
e vale, il tesoro prezioso, la perla nascosta.
E dalla luce dello Spirito ci sarà data
anche la forza, il coraggio di scegliere ciò che abbiamo scoperto, di orientare
a questo tesoro tutto noi stessi e tutte le nostre energie.
Allora l’esperienza che ne deriverà sarà
quella di una gioia incontenibile; quell’essere ‘pieni di gioia’, come
quell’uomo che trova il tesoro, proprio perché abbiamo fatto nostro quel tesoro
che è Gesù stesso, ricercato, scoperto, amato sopra ogni altra persona e cosa.
Il Signore doni a noi oltre a un cuore
docile, anche un cuore fiducioso, un cuore consapevole che “tutto concorre al bene per quelli che amano Dio” come ci ha
ricordato Paolo, perché sappiamo che Dio non vuole altro che la nostra
salvezza, la nostra piena realizzazione: per questo ci ha pensati, chiamati,
scelti, voluti, resi giusti, per glorificarci, renderci cioè partecipi della
sua stessa vita. Per fare questo non aspetta altro che noi lo riconosciamo
quale tesoro prezioso e lo accogliamo con gioia e disponibilità nella nostra
vita.