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sabato 27 maggio 2017

Ascensione del Signore



La festa dell’Ascensione oggi, e della Pentecoste domenica prossima, portano a pieno compimento la Pasqua di Gesù, morto e risorto.
Soffermiamoci su alcuni aspetti che la Parola ascoltata richiama.
Si parla – nella prima lettura degli Atti -  di elevazione e di allontanamento: “mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi”. E’ così che anche noi siamo abituati a immaginare questo avvenimento dell’ascensione.
Aiutiamoci a comprendere il significato di queste espressioni, anche attraverso quanto abbiamo ascoltato nelle altre letture.
Innanzitutto “fu sottratto”. Un’espressione che non indica separazione, allontanamento. Si dice infatti che “fu sottratto ai loro occhi” e cioè non lo videro più, ma questo non significa che si è allontanato, se ne è andato. Anzi. Proprio il vangelo si chiude con le parole di Gesù stesso che afferma: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Dunque siamo davanti a un modo nuovo, diverso, di essere sempre presente e accanto a noi. Non più visibile ai nostri occhi umani, ma tuttavia visibile agli “occhi del nostro cuore”, come afferma Paolo. L’invisibilità non significa assenza. Anche l’aria è invisibile tuttavia c’è, ci avvolge. Il Signore Gesù non è andato lontano, ma è vicino più di prima. Prima era ‘insieme’, ‘con’ i suoi discepoli, ora invece è ‘dentro’, ‘in’ ciascuno di noi.
C’è poi l’altra espressione che va chiarita: “fu elevato in alto”. Questa ‘elevazione’, sulla base di quanto abbiamo detto prima, non è tanto un fatto fisico, materiale (una persona che sale verso il cielo), bensì il riconoscimento della riuscita di questa persona, della sua gloria, della sua vittoria, del suo essere ‘in alto’ sopra tutto e tutti. Come un atleta che al termine del confronto sportivo sale sul primo posto del podio. Esprimerà bene questa consapevolezza Paolo riconoscendo che Gesù “tutto ha messo sotto i suoi piedi”.
Gesù stesso nel vangelo afferma “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”. E’ il potere-forza dell’amore che ha portato Gesù a vincere sul male, sulla sofferenza, sulla morte stessa. Gesù dunque è colui che ha realizzato pienamente la sua vita e lo ha fatto proprio con una vita spesa nell’amore. Abbassato fino alla morte di croce, viene elevato fino alla gloria di essere uno col Padre (questo sta a significare “siede alla destra del Padre”), vivente per sempre.
Cosa vogliono dire a noi oggi queste riflessioni che forse possono sembrarci un po’ teoriche e dottrinali?
Credo che il messaggio splendido di questa festa si orienta sulla capacità di comprendere “con gli occhi del nostro cuore” proprio questi due aspetti.
Il primo. Lui è con noi sempre. Mai soli. “Vicinissimo a te è Dio, più intimo a te di te stesso. E poi è dentro tutte le cose. La terra è allora un immenso santuario, un immenso cielo. E la Parola di Dio è seminata come lievito dentro ogni cosa. Il Signore, io non devo raggiungerlo: è già qui; è lui che è venuto. Il Signore, non devo conquistarlo: è già dentro; è lui che si è dato e che rimane. Mentre tutto passa, lui rimane: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (E.Ronchi)
Il secondo. In Lui ci è indicata la meta. Una meta di speranza e di piena realizzazione. Elevato, riuscito, realizzato: questi è Gesù.
E come Gesù così può e deve essere anche per ciascuno di noi.
Lui che “è il perfetto compimento di tutte le cose”, come scrive Paolo, chiama tutti noi e la creazione tutta al pieno compimento. Non vuole che nessuno di noi si perda. Vuole che tutti abbiamo a realizzare in pienezza la nostra vita.
E per questo ci ha indicato la strada proprio con la sua vita tra noi. La strada dell’amore che si dona; strada di croce, di fatica, di prova ma che porta, se la seguiamo con fiducia in Lui e nella sua Parola, al passaggio, alla Pasqua, che ci realizza e ci dona una vita piena.
Qui, in Gesù, sta la speranza che ci dà coraggio sempre.
In Lui è la meta verso la quale dobbiamo non tanto guardare – “perché state a guardare il cielo?” è il rimprovero ai suoi discepoli -.
E’ piuttosto la meta che dobbiamo annunciare, testimoniare, verso cui tutti insieme camminare, tendere.
“Andate”, “di me sarete testimoni”. A questo porta la festa dell’Ascensione. Una duplice consapevolezza e un comune impegno: siamo in cammino con Gesù e verso Gesù, verso la sua pienezza che sarà anche la nostra. Di questo noi “siamo testimoni”. E’ il compito, la missione che ci affida: “fate discepoli, battezzandoli, insegnando loro quanto vi ho comandato”. E ci ha comandato una cosa sola: “Questo vi comando: amatevi come io vi amo”.
Siamo chiamati allora a far sì che tutti possano essere immersi in questo amore che Dio ci ha rivelato in Gesù (questo è il senso del battezzare: immergere in Gesù); che tutti possano scoprirsi e sentirsi mai soli: accompagnati da Colui che è la Presenza che ci abita, la meta cui tende il cammino di ciascuno e di tutta l’umanità.
Non ci resta che vivere con gioia e responsabilità, collaborando con tutti per costruire una storia come piace a Dio, a immagine di Cristo. E pregando ogni giorno: “Donaci la certezza forte e inebriante che nel cuore di ogni essere Tu sei Amore e Luce crescenti”. (Vannucci)

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