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venerdì 10 marzo 2017

Seconda domenica di Quaresima



Dal deserto al giardino e ora alla montagna. La Quaresima è fatta di luoghi, di spazi, di tempi che segnano un cammino, come quello di Abramo, verso una terra promessa, verso una vita che si apre a novità.
E’ sempre Gesù colui che guida il cammino: il deserto ha dimostrato che possiamo trasformarlo in giardino, ora conduce i suoi amici sul monte. Qui si trasfigura. Forse perché il monte è il luogo della luce: sul monte si posa il primo raggio di sole e vi indugia l’ultimo, il giorno è più lungo e la notte più corta. E la luce è il dono che fa ai suoi proprio nella trasfigurazione. Una luce non tanto esteriore, quanto interiore. Una luce che lo abita e che ci abita. Gesù, uomo come tutti noi, provato e tentato come noi, in cammino verso la croce e la morte, vuole far toccare con mano ai suoi che questa sua e nostra umanità, così fragile, debole, minacciata, è tuttavia abitata da una luce più forte di ogni tenebra.
La sua trasfigurazione è una porta di luce che mostra chi siamo realmente, da dove veniamo, dove andremo a vivere per sempre. Non è solo una porta verso l’eternità, ma è la manifestazione dell’eternità che già come figli di Dio vive in noi in ogni istante. Noi siamo composti e fatti della luce di Dio.
Ecco cosa vuole svelarci Gesù sul monte. La sua e la nostra umanità fragile è già ora abitata dalla presenza luminosa e dalla forza di Dio.
Non dobbiamo temere dunque se siamo impastati di fango perché in noi abita il soffio di Dio. Non dobbiamo avere paura se siamo mortali e deboli, perché in noi abita la vita stessa di Dio.
Questo annuncia la trasfigurazione. Per dire a tutti noi – singoli e umanità – che possiamo da ora trasfigurarci a sua immagine.
Il peso del male che ci schiaccia, le ingiustizie e le violenze assurde, i limiti e le fragilità che ci bloccano: tutto questo c’è, lo sperimentiamo ogni giorno. Ma c’è in noi anche una luce, una forza, una vita molto più forti. Il nostro volto, le nostri vesti, il nostro vivere quotidiano possono già ora far emergere e diffondere quel tesoro di luce che ci abita.
Questo perché anche noi siamo figli amati come il Figlio Gesù; e nella misura in cui lo ascoltiamo anche noi ci trasfiguriamo. “Questi è il Figlio mio, l’Amato… Ascoltatelo”. E’ il centro di tutto il racconto. Chi lo ascolta diventa come Lui. Ascoltarlo significa essere trasformati; significa far crescere la luce interiore che ci abita, la vita di Dio in noi fino al punto che essa possa manifestarsi sui nostri volti, nelle nostre azioni, in tutta la nostra vita. Siamo fatti per la trasfigurazione: già ora e in attesa della trasfigurazione definitiva che sarà partecipazione piena alla Pasqua di risurrezione di Gesù.
Tutto ciò noi lo sappiamo benissimo, anche se a volte, lungo il cammino lo scordiamo. Fin dal Battesimo ci è stato detto che siamo uomini e donne nuovi, già risorti con Gesù: una veste bianca ci è stata data come segno per non dimenticare questa novità, questa forze e luce che ci abita e ci riveste; “questa veste bianca sia segno della tua nuova dignità… rivestito di Cristo…”.
Fragili, peccatori, ma figli amati, rivestiti di luce, con dentro la vita di Dio. Abbiamo in noi, come ha detto Paolo nella seconda lettura la forza di Dio: “Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il vangelo. Egli ci ha salvati e chiamati a una vocazione santa… ha vinto la morte e fatto risplendere la vita”.
Con Pietro viene da dire allora anche a noi: “E’ bello stare qui”, è bello essere di Cristo, figli amati, abitati dalla presenza di Dio. Ed è vero: la vita cristiana è bellezza, gioia, trasfigurazione appunto!
Tuttavia Gesù anche a noi ricorda che questa consapevolezza non deve isolarci in un’esperienza emotiva e intimistica, né dobbiamo tenere nascosta e solo per noi questa luce e questa novità. Lui ci chiama ad aprirci agli altri, ci spinge a scendere dal monte, a rimetterci in cammino con tutti, ad affrontare prove e fatiche, abitati dalla sua Presenza in noi che deve farsi visibile, così come si vede un abito che si indossa, una veste bianca che dice a tutti la nostra vera identità: siamo, in Gesù amato e ascoltato, figli amati del Padre.  
Siamo con Lui sempre stirpe di Abramo, camminatori instancabili per diffondere quella luce che abbiamo avuto il dono di scoprire presente in noi. Come Abramo portatori di benedizione: “possa tu essere una benedizione”. Questo invito-augurio che Dio rivolge ad Abramo è detto anche per noi. “Possa tu essere una benedizione” per tutti. Possa portare a tutti quella bellezza che deve rivestire di novità la nostra vita, quella luce più forte di ogni tenebra, quella vita che nemmeno la morte può spegnere. Questo non con arroganza e presunzione, ma con mitezza e umiltà, bontà, misericordia.
Sia tutta la nostra vita, il nostro modo di parlare e agire, di affrontare i problemi e le prove, di trattare le persone e le cose, che lascia trasparire quella luce che ci abita, che testimonia il nostro essere figli amati del Padre, così da accendere in chi incontriamo una luce di speranza, un risveglio di fiducia e di coraggio che ci renda tutti consapevoli che la nostra vita, l’umanità tutta, può essere trasfigurata, perché siamo immersi già ora nella vita stessa di Dio e verso la piena comunione con Lui, Luce senza tramonto, siamo incamminati.

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