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sabato 25 marzo 2017

Quarta domenica di Quaresima



“Và a lavarti… andò, si lavò e tornò che ci vedeva”. Queste le modalità attraverso le quali l’uomo cieco dalla nascita torna a vedere.
Dall’acqua alla luce. L’acqua rinnova e purifica aprendo gli occhi al vedere. Acqua, luce: Gesù. E’ lui che nel vangelo oggi si presenta come “la luce del mondo”.
Nel brano torna più volte il verbo vedere: Gesù “vide”, così i suoi discepoli, poi la gente che lo “aveva visto prima” e ancora i farisei, i giudei, i genitori stessi del cieco. E infine è lo stesso cieco che recuperata la vista si sentirà dire: “Tu lo hai visto”, arrivando così alla splendida professione di fede “Credo Signore!”.
Si parla di vedere, ma con effetti diversi. C’è chi vede ma non riconosce, e chi non vede ma arriva a credere. 
E’ tutta una questione di sguardi. Già lo ricordava Dio al profeta Samuele, mandato a ungere Davide: “Non guardare al suo aspetto…non conta quel che vede l’uomo; l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”.
Come sono vere queste parole. Il nostro sguardo il più delle volte sa solo fermarsi all’apparenza, all’esteriorità e si fa sguardo che critica, giudica, condanna, cataloga, esclude… Come i discepoli che vedono e subito si chiedono “chi ha peccato?”; come i farisei che vedono ma si fermano ai loro schemi, all’esteriorità di una legge non rispettata perché era sabato: diventano così spietati giudici, incapaci di riconoscere la novità che era lì sotto i loro occhi.
Sguardi diversi: alcuni colpevolizzanti, altri solidali, pieni di misericordia, come lo sguardo di Gesù che “vide” e si avvicinò, toccò con mano, sanò gli occhi del cieco.
Qual è il nostro modo di vedere le persone, i fatti e gli eventi della vita, il nostro modo di guardare agli altri e a Dio?
Sguardi superficiali e pronti a ‘fare le misure’ a tutto e a tutti o sguardi profondi che aprono a speranza, fiducia, offrono vicinanza e solidarietà?
Abbiamo bisogno di imparare sguardi nuovi.
I nostri occhi sono forse abituati a vedere di tutto e di più, ad immagazzinare così tante immagini e il più delle volte tristemente negative che anche il nostro sguardo poi ne resta condizionato, indebolito, malato.
Lasciamo che Gesù stesso si fermi vicino a ciascuno di noi per sanare i nostri occhi, gli occhi del nostro cuore e della nostra mente, così che abbiano ad essere capaci di vedere le cose come realmente sono e le persone in tutta la loro verità, quali figli e figlie amati dal Padre.
Occhi che sappiano riconoscere gli spiragli di luce che sono dentro la nostra storia, nelle nostre situazioni complesse e a volte drammatiche, per vedere così la Sua Luce che sempre ci accompagna e ci guida; per riconoscere la Presenza in mezzo a noi di un Dio che afferma: “Io sono la luce del mondo”.
Allora possiamo arrivare anche noi di nuovo a dire: “Credo Signore!”. Credo che tu mi hai, ci hai, illuminati da sempre. Credo che è la tua luce che ci abita ed è più forte di ogni tenebra.
Nel Battesimo, mentre venivamo portati per essere lavati nell’acqua della vita, ci è stato detto: “Ricevi la luce di Cristo” e ci è stata consegnata, accesa dal cero pasquale, una candela, per ricordarci che da quel giorno, attraverso l’acqua siamo rinati e passati dalle tenebre del peccato alla luce della vita nuova che ci dona Gesù.
Per questo Paolo non esita a ricordarci: “Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore”. Poi aggiunge, usando il testo di un inno utilizzato proprio nella celebrazione del battesimo dai primi cristiani: “Svegliati tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà”.
In questo cammino quaresimale verso la Pasqua, Gesù possa di nuovo aprire i nostri occhi, convertire i nostri sguardi, risvegliarci dal nostro sonno che ci immerge, a volte senza che ce ne rendiamo conto, nelle tenebre del male.
Il Vangelo di oggi ci chiede di guarire, di conquistare una vista nuova, di conquistare un volto raggiante. Come è possibile?
Il suo ‘passarci accanto’, qui nella celebrazione dell’eucaristia, rende possibile tutto ciò. Qui il Signore con la sua Parola e la sua presenza viva converte i nostri occhi e la nostra vita; ci trasforma e illumina i nostri volti così da poter uscire di nuovo illuminati e capaci di portare la sua luce a tutti. Quella luce che viene dalla sua misericordia, dal suo perdono e che diventa gioia profonda del cuore. E’ Lui infatti che ci fa passare dalla presunzione di vedere, di sapere tutto, di crederci bravi e migliori degli altri, all’umiltà di chi si riconoscere segnato dall’orgoglio; e ci conduce poi dalle tenebre del peccato allo splendore della sua luce così che possiamo veramente essere “luce nel Signore” e “comportarci come figli della luce”. Che significa, ricorda ancora Paolo, capaci di vivere con “bontà, giustizia e verità, cercando ciò che è gradito al Signore”.
Con Gesù i nostri occhi possano abbandonare lo sguardo superficiale, che si ferma solo all’apparenza, per imparare lo sguardo nuovo di Dio che sa vedere in profondità, e come Lui saper andare al cuore di ogni persona, situazione e cosa per riconoscere la sua Presenza di Luce che sempre accompagna i nostri passi.

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