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sabato 5 marzo 2016

Quarta domenica di Quaresima



“Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. Sta in questa frase il motivo che porta Gesù a raccontare questa splendida parabola. I farisei e gli scribi lo criticano e lo rimproverano perché accetta di stare a tavola con pubblicani e peccatori. Il racconto che segue non fa che ritrarre nel figlio più giovane l’atteggiamento dei pubblicani e dei peccatori e nel figlio maggiore quello degli scribi e dei farisei. Ma più ancora mette in luce il vero volto di Dio.
Proviamo oggi a leggere questa parabola al ’plurale’. Proviamo a vedere in essa descritta la nostra umanità; come uomini e donne oggi si relazionano con Dio e tra di loro.
Nei due figli della parabola siamo descritti tutti noi nel nostro modo – spesso sbagliato - di metterci in relazione al Padre che rappresenta Dio. Come il primo figlio, alcuni vedono Dio come un concorrente, uno che ci impedisce di vivere con libertà e dunque uno da cui fuggire, allontanarsi per essere veramente liberi. E’ la scelta di tanti che, mettendo Dio da parte, ritengono di poter pienamente realizzare la loro vita con libertà e autonomia, seguendo solamente se stessi. Altri invece, come il secondo figlio, il maggiore, rimangono nella casa, riconoscono Dio, ma lo reputano unicamente uno da servire, più padrone che padre, uno a cui si deve rendere conto; vivono così questa relazione con Lui senza gioia, come un dovere da compiere, anche con qualche lamentela…
Comprendiamo come in questo modo di relazionarsi con il padre-Dio, anche la relazione tra i due figli, che di fatto sono fratelli, viene guastata e diventa contrapposizione, critica, rifiuto dell’altro, invidia, presunzione di essere migliori…
L’unico che invece rimane sempre identico è Dio, che nella parabola è rappresentato dal padre. Un padre il cui atteggiamento verso questi suoi figli è splendido, commovente, umanamente impensabile. Basta riprendere ciò che fa al ritorno del primo figlio: “lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò…disse portate il vestito, l’anello, i sandali (gli abiti non dello schiavo, ma del figlio), mangiamo e facciamo festa”. E poi con figlio maggiore che si chiude nella sua arroganza e indignazione: “uscì a supplicarlo… tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”. Commovente questo amore smisurato del Padre che ha a cuore unicamente il bene, la felicità dei suoi figli e fa di tutto perché, da lui amati, accolti, perdonati, essi possano stare insieme in quella casa che tutti può e vuole accogliere.
Dio è così, ci dice Gesù con questa parabola. Non è come noi lo pensiamo: concorrente alla nostra libertà o padrone da servire quasi per forza. No. E’ padre che ama, di un amore di misericordia che non ha misura. Un amore che ha un solo scopo: la nostra felicità e realizzazione; la nostra capacità di vivere insieme come fratelli.
Ecco che emerge ciò che oggi è essenziale per il cammino di tutti noi: che riscopriamo il vero volto di Dio per ricostruire con lui e tra noi una relazione nuova, fondata sulla misericordia che è amore che accoglie e perdona.  
Per andare avanti occorre tornare…non indietro, ma tra le braccia del Padre. Tornare a Dio. “Lasciatevi riconciliare con  Dio. Lui ci ha riconciliati con sé mediante Cristo”. Solo così “le cose vecchie sono passate; ne nascono di nuove” perché “se uno è in Cristo è una creatura nuova”. Ecco la novità, il cambiamento atteso: matura solo nel tornare al Padre, a quel Padre che Cristo ci annuncia e ci rivela.
Occorre che torniamo tutti – vicini o lontani, figli prodighi o fratelli maggiori – a metterci sotto lo sguardo del Padre, lo sguardo della sua misericordia, per tornare così ad essere e a vivere da figli e da veri fratelli tra noi.
Occorre ripartire dalla misericordia e questo anno ne è l’occasione.
Occorre questo nuovo sguardo che ci aiuta a vedere gli altri con occhi nuovi. Occorre imparare dal Padre a vedere da lontano, a correre incontro, ad abbracciare e baciare, a rivestire di dignità, a gioire e fare festa per ogni fratello e sorella che sono parte della grande casa del mondo.
Occorre una chiesa, una comunità cristiana, che torni alla misericordia del Padre e diventi capace di generare misericordia. “A noi Dio ha affidato il ministero della riconciliazione, della misericordia”. Questo è il servizio che la chiesa deve offrire al mondo di oggi. Rivelare il vero volto di Dio misericordioso, padre che tutti ama e accoglie; attraverso una vita che sia trasparenza di Lui, sia attuazione di gesti e di scelte di misericordia, che aiutino tutti a sentirsi accolti, partecipi dello stesso amore, chiamati a stare nell’unica casa che è il mondo, come fratelli che si riconoscono amati e perdonati da Colui che desidera solo il nostro vero bene.
Questa sarà la vera Pasqua. “Oggi ho allontanato da voi l’infamia..” dice il Signore a Giosuè – nella prima lettura – quando il popolo finalmente torna alla terra promessa e celebra la prima Pasqua. 
Possa anche oggi il Signore allontanare da noi ogni infamia, ogni male e accoglierci come figli desiderosi di vivere in una rinnovata relazione d’amore con Lui e tra tutti noi. Ripartiamo tutti insieme dalla Misericordia. "La Misericordia è la forza che tutto vince, che riempie il cuore d'amore e che consola con il perdono" (papa Francesco).

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