La festa di tutti i
santi che noi oggi celebriamo è davvero un memoriale
dell'autunno glorioso della Chiesa. E’ la festa contro la solitudine, contro
ogni isolamento che sta nel cuore dell'uomo.
Oggi
noi dovremmo cantare: «Non siamo soli, siamo una comunione!». Oggi dovremmo
rinnovare il canto pasquale perché,
se a Pasqua contemplavamo Cristo Vivente per sempre alla destra del Padre,
oggi, grazie alle energie di risurrezione sprigionate dalla Pasqua, noi
contempliamo quelli che sono in Cristo
alla destra del Padre: i santi. A Pasqua cantavamo che la vite era vivente,
risorta, oggi la Chiesa ci fa cantare che i tralci hanno dato loro frutto, che
i tralci mondati e potati dal Padre sulla vite che è Cristo, hanno portato una
vendemmia abbondante e che questi grappoli, questi frutti della vite sono
insieme un unico vino: quello del Regno di Dio. Se non ci fossero i santi, se
noi non credessimo alla comunione dei santi del cielo e della terra, saremmo
chiusi in una solitudine disperata e disperante. Non è certo un caso che il
«Credo» ci faccia dire nella nostra confessione di fede, non solo «credo nel
Padre, nel Figlio e nello Spirito santo», ma anche «credo la Chiesa, credo la
comunione dei santi, la remissione dei peccati e la vita eterna». Gesù è venuto
perché gli uomini, fatti sue pecore, abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza,
venuto per fare di noi i veri figli di Dio, realmente, venuto per stare con noi
quale fratello, ma anche per portarci là dove lui è. «Dove sono io, voglio che
sia anche il mio servo» (cf. Gv 17,24 e 12,26) ha detto Gesù legiferando, con
una parola creatrice e forte: non l'ha solo chiesto al Padre, ha detto: «io
voglio», con un atto di volontà di Dio, efficace.
Ecco,
noi oggi contempliamo questo mistero: i morti con Cristo, in Cristo e per
Cristo sono con Lui viventi, sono una comunione di santi, e poiché noi siamo
membra del corpo di Cristo ed essi membra gloriose del corpo glorioso del
Signore, noi siamo in comunione gli uni con gli altri, Chiesa pellegrinante con
Chiesa celeste, insieme formanti l'unico e totale corpo del Signore.
II
santo è una presenza per il cristiano e per la Chiesa ed è una presenza
efficace. Già la lettera agli
Ebrei dice in modo
chiaro: «Voi vi siete accostati, con la fede e con la vita ecclesiale, alla
Gerusalemme celeste, a miriadi di angeli, all'assemblea festosa dei primogeniti
iscritti nei cieli, al Dio giudice misericordioso, agli spiriti dei giusti che
sono stati portati alla perfezione, alla pienezza» (cf. Eb.
12, 22 ss). «Noi non siamo soli», dice ancora la
lettera agli Ebrei, «ma circondati da una grande nuvola di testimoni» (Eb
12, 1): con loro noi formiamo il corpo di Cristo,
con loro noi siamo i figli di Dio e siamo il Figlio di Dio. Se la Chiesa ha
voluto che il nostro nome di battesimo fosse quello di un santo, era proprio
per abituarci a vedere, a contemplare l'amico, gli amici invisibili e intimi
del nostro cammino di fede cristiana.
I
santi sono coloro che pregano per noi, intercedono, ci sono presenti e ci sono
amici: sono davvero le grandi amicizie. E sono amicizie efficaci, perché la
loro volontà è ormai assimilata alla volontà di Dio manifestatasi in Cristo,
unico loro e nostro Signore. Senza comunione con i santi, senza comunione con
la Gerusalemme celeste, sarebbe davvero vano per noi pensare: e volere la
comunione ecclesiale di qui, così come sarebbe assolutamente contraddittorio
nutrire tanto amore per la Gerusalemme terrestre. E così noi non siamo soli, ma
in Cristo tutti insieme siamo il suo corpo pellegrinante qui fino alla morte,
glorioso in cielo per l'eternità.
Un monaco della Chiesa d'occidente.