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domenica 4 ottobre 2015

27 domenica del tempo ordinario.



Accogliamo la bella notizia di oggi. Potrebbe essere sintetizzata da alcune parole della seconda lettura, la lettera agli Ebrei, che apparentemente sembra fuori contesto con le altre due letture ma di fatto ci dà una chiave interessante di riflessione.

Parlando di Gesù e di noi, afferma che “colui che santifica e coloro che vengono santificati provengono tutti da una stessa origine”, al punto che possiamo riconoscerci fratelli.

Così anche la prima lettura e il vangelo oggi ci rimandano alla “stessa origine”.

“Dall’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina” afferma Gesù, rispondendo ai farisei che lo interrogavano in merito al tema del ripudio della moglie da parte del marito.

C’è un inizio, un’origine comune da cui noi tutti, come da sorgente, veniamo. La pagina della Genesi, in modo poetico, la descrive. Dal pensiero, dal cuore, dalle mani, dal soffio di Dio: e di lui siamo “immagine e somiglianza”, uomo e donna insieme, perché “non è bene che l’uomo sia solo”.

Noi uomini e donne veniamo da un’unica origine: l’amore stesso di Dio. Quel Dio che Gesù ci rivela come comunione di persone, unità di Padre, Figlio e Spirito. Quel Dio che non può stare solo e chiama l’umanità intera a entrare in comunione con Lui. Chiama l’uomo insieme alla donna a diventare segno, anticipo, immagine di questa comunione che è la meta, il destino dell’umanità.

Ecco la bella notizia di oggi: siamo stati fatti per la comunione, per l’unità nell’amore. Fatti per amare, che appunto significa diventare uno, “una sola carne”, una sola persona, una sola umanità.  

E solo così si è immagine di Lui. Uomo e donna voluti l’uno per l’altro uguali in dignità, chiamati ad essere l’un per l’altro “aiuto”: “Voglio fargli un aiuti che gli corrisponda”. E da sempre la donna diventa per l’uomo aiuto, salvezza possibile e vicina, al suo fianco per vivere. E da sempre l’uomo trova nella donna parte di se stesso per poter arrivare a vivere nell’amore. E’ il disegno splendido di Dio, il suo progetto. “L’uomo dunque non divida quello che Dio ha congiunto”.

Ciò significa che allora tutto quello che contrasta questo progetto, tutto quello che chiama in gioco divisione, lotta, sopraffazione, diversità, è male.

“Per la durezza del vostro cuore” dice Gesù si è arrivati a leggi che giustificano il ripudio, ma ciò è contrario al disegno di Dio che chiama all’unità, alla comunione di vita.

“Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio” certo, ma perché l’uomo, a causa del cuore di pietra, si scopriva incapace di un amore vero. Ma la strada da seguire non è capire se è lecito o meno ripudiare l’altro (come chiedono i farisei), ma bensì imparare ad amare per saper vivere relazioni profonde, vere, che portino a una comunione totale così che “i due diventeranno una carne sola”, cioè una sola nuova persona, non più due, ma uno.

Il vero male è la divisione: in ogni ambito, non solo nel matrimonio. La divisione è contro Dio, perché Dio è comunione, unità. La divisione invece è diabolica (diavolo significa appunto colui che divide) e quando noi siamo istigatori di divisione, siamo diavoli, contrari al progetto di Dio.

E’ bello osservare come Gesù, davanti alla domanda fatta apposta “per metterlo alla prova”, non si chiude dentro questioni giuridiche strettamente legate al discorso sul matrimonio, ma apre l’orizzonte, il respiro, al progetto ancor più ampio del Creatore.

Quasi a ricordarci che tutti siamo chiamati a viverlo, in ogni situazione in cui la vita ci pone, tutti siamo chiamati a diventare uno. Certamente il matrimonio in primo luogo chiama a vivere questa unità e a manifestarla, ma è anche quanto dobbiamo realizzare tra le famiglie, nella comunità, tra i popoli. E’ l’intera umanità, fatta di uomini e donne che  “provengono tutti da una stessa origine” che è chiamata a diventare “una sola carne”, una sola famiglia.

Oggi conosciamo tutti la fatica di tante coppie nel vivere un matrimonio di comunione. Conosciamo tutte le complesse questioni giuridiche e etiche che ogni situazione di relazione tra persone porta con sé. Conosciamo tanti fallimenti e sconfitte; tante sofferenze.  

Come cristiani e come chiesa siamo chiamati a seguire l’esempio di Gesù. Di fronte alla questione spinosa del ripudio, della divisione, Gesù non emette sentenze né leggi, ma compie un annuncio, l’annuncio bello sebbene esigente che viene “dal principio”, dalla volontà di Dio.

E’ questo annuncio che dobbiamo come chiesa saper ripetere a quanti fanno fatica e sono in situazioni di fallimento nel vivere le loro relazioni; senza giudicare, senza emarginare, ma solo offrendo misericordia e ricordando al cuore di ciascuno la sorgente e la meta, la comunione d’amore per cui siamo fatti, affinché, anche davanti agli sbagli, che tutti possiamo compiere, non si spenga la fiducia e la speranza di poter ricomporre o ricostruire relazioni nuove, sempre più vere e profonde.

Ma, oltre alle divisioni matrimoniali, conosciamo pure tante lacerazioni anche tra le famiglie, tra gruppi e persone di cultura, di religione, di provenienza diverse e anche all’interno della stessa chiesa. Sappiamo quanto, la sottile tentazione della divisione, del ripudio dell’altro, corre nascosta in mezzo e dentro tutti noi. Il cuore allora si fa duro, si sclerotizza, diventa incapace di ricordare che è l’amore la chiave di tutto, che è la comunione la sorgente e la meta. 
Occorre tornare al principio e al cuore. Tornare bambini perché “a chi è come loro appartiene il regno di Dio”. Curioso questo finale tra Gesù e i bambini. E’ un’indicazione preziosa. Solo tornando a un cuore di bambino, ciò pronto a fidarsi totalmente dell’altro, di Dio, del fratello, della sorella che abbiamo accanto, possiamo ritrovare la capacità di essere costruttori di unità e di comunione ovunque.

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